“Quando Carlo Magno chiese ad Aymone di Dordona, capitano del suo esercito, quale premio volesse per aver sconfitto i Longobardi del principe Grimoaldo, questi rispose che non desiderava né oro, né onori. Aymone gli fece, invece, la richiesta di potersi ritirare in un piccolo lembo delle terre che per lui aveva conquistato. Voleva infatti trascorrere il resto della sua vita sulla collina che si erge di fronte ad un golfo incantato, in quell’ultimo angolo dell’Impero dove il verde dei pascoli si fonde con l’azzurro profondo del mare. Alle spalle la Maiella, maestosa montagna madre. Di fronte agli occhi le Tremiti e il Gargano, annuncio di Mediterraneo.
Carlo Magno si dolse che Aymone non volesse tornare con lui ad Aquisgrana, ma questi rispose che il suo posto fra i paladini sarebbe stato preso dai suoi figli, il prode Rinaldo e la valorosa Bradamante. In quanto a lui, il suo unico desiderio era tornare in quella terra che i Longobardi chiamavano semplicemente wast, che voleva dire “Terra del Re” e che gli era parsa come un angolo di paradiso per la ricchezza dei suoi frutti. L’imperatore Carlo accondiscese, nominò Aymone suo amministratore e gli consentì di tornare nel wast che, da allora, venne chiamato Vasto d’Aymone.
Nei secoli successivi, dai piccoli borghi sparsi nel contado, sarebbe sorta una vera e propria città, la città del Vasto, cerniera fra i monti degli Abruzzi e le distese delle Puglie.